Dazi Trump: gli effetti negativi delle promesse elettorali sui mercati finanziari

Dazi Trump e gli effetti negativi sui mercati finanziari. Le promesse elettorali, specialmente quelle di figure polarizzanti come Donald Trump, hanno un eco potente che si propaga ben oltre i confini nazionali, arrivando a scuotere i mercati finanziari globali. In un mondo interconnesso, le dichiarazioni su politiche economiche future, anche se ancora lontane dall’essere implementate, creano aspettative, timori e, inevitabilmente, volatilità. Ne è un esempio lampante la discussione sui dazi Trump, un tema che ciclicamente torna a infiammare il dibattito e a preoccupare investitori e aziende. Recentemente, un commento di Enrico ha catturato l’attenzione per il suo stile colorito ma anche per aver toccato, tra le righe, proprio questo nervo scoperto, mescolando sarcasmo sulla politica e accenni alle reali conseguenze economiche.

Ecco il suo intervento, che riporto integralmente per darvi il contesto sui dazi Trump:

“Essendo questo il Paese più anziano del mondo, è anche quello più rincoglionito e affetto da demenza senile del mondo. Gli italiani anziché andare a votare alle loro elezioni, fanno il tifo per le elezioni altrui, almeno nei pochi Paesi dove ancora ci sono. Ma sono pronti proprio a buttarsi nel fuoco per qualche candidato fuori dai nostri confini e pronti a fare nottata per attendere i risultati. E’ quello che è successo con le elezioni USA. Per l’elezione di Donald Trump, abbiamo visto manifestazioni di giubilo assimilabili a quelle della vittoria della nazionale di calcio ai mondiali ’82 e 2006, qualcuno ha fatto scalzo il cammino di Santiago affinché vincesse Trump che aveva promesso Bitcoin a 500K, fine della guerra in Ucraina in 24 ore, fine dell’offensiva israeliana a Gaza che sarebbe stata trasformata nel Principato di Gaza con tanto di palme, yacht, nababbi, jet set a go go. Il risultato al momento è che sono passati già 3 mesi ma Bitcoin è andato in picchiata a -30% dalla promessa del “tudemuuun”, il conflitto in Ucraina si è intensificato, la tregua a Gaza è saltata e si è riavviato il tritacarne di civili, la UE invece che spaccarsi si sta ricompattando e armando fino ai denti a tal punto che anche la Brexit sembra ormai uno sbiadito ricordo con la Corona che vuole a tutti i costi rimanere a braccetto del continente.

Ora io non voglio dire che sia un fallimento perché è ancora prematuro solo pensarlo, ma certo sembra tutto iniziato sotto il segno della sfiga anche probabilmente a causa di qualche illustre endorsment che è arrivato dallo stivale (…). Tant’è che pur di tenere il punto, da quello stesso endorsment arriva l’ardito e comico auspicio di tafazziana natura che “i dazi Trump possono essere una grande opportunità”… e chi con essi ora rischiera di perdere il lavoro, lo farà volentieri.

In questo momento sembra che sui mercati aleggi un certo ottimismo, anche probabilmente a causa della bizzarra volatilità decisionale di Trump che oggi li mette, domani li toglie, dopodomani li rimette più salati ma la prossima settimana ci ripensa, quindi il tutto potrebbe anche risolversi con una mezza bolla di sapone. La Cina nel frattempo si è dichiarata autosufficiente in granturco ma guarda con interesse agli altri produttori, Ucraina e Canada su tutti, perchè per soddisfare il fabbisogno che accompagnerà questo singolare spettacolo per i prossimi 4 anni, i Popcorn potrebbero non bastare per un miliardo e mezzo di persone.

Al di là del tono provocatorio e delle opinioni personali espresse da Enrico, che possiamo trovare condivisibili o meno, emerge un punto cruciale per noi investitori e trader: l’impatto delle promesse elettorali, in particolare quelle relative ai dazi Trump, sui mercati finanziari.

Enrico ironizza sull’auspicio che i dazi possano essere “una grande opportunità”, sottolineando implicitamente la percezione diffusa tra gli economisti (e spesso confermata dai dati storici) che le guerre commerciali raramente portano benefici diffusi, anzi. L’incertezza generata da queste politiche protezionistiche tende a frenare gli investimenti, complicare le catene di approvvigionamento globali e, in ultima analisi, può aumentare i costi per le imprese e i consumatori. La “bizzarra volatilità decisionale” attribuita a Trump, menzionata da Enrico, non fa che amplificare questa incertezza, rendendo difficile per i mercati prezzare correttamente il rischio.

Noi di EK Investing, con il nostro Metodo che combina analisi tecnica e temporale, cerchiamo proprio di decifrare questi movimenti, andando oltre il rumore di fondo delle dichiarazioni politiche per identificare i reali punti di svolta e le tendenze sottostanti.

L’Ombra dei Dazi Trump sui Mercati Globali

La proposta di reintrodurre o inasprire i dazi commerciali è una costante nella retorica di Donald Trump e rappresenta uno dei fattori di maggiore preoccupazione per i mercati finanziari in vista delle prossime elezioni USA. Non si tratta di una minaccia astratta. Durante il suo precedente mandato, abbiamo già assistito all’imposizione di tariffe su miliardi di dollari di merci importate, soprattutto dalla Cina, ma anche da alleati storici come l’Unione Europea. Gli effetti? Studi come quelli del Congressional Budget Office (CBO) americano hanno stimato che i dazi del 2018-2019 hanno ridotto, seppur marginalmente, il PIL reale degli Stati Uniti e aumentato i prezzi al consumo. Ad esempio, una ricerca della Federal Reserve ha indicato che le tariffe sull’acciaio e l’alluminio hanno sì aiutato marginalmente i produttori nazionali, ma hanno danneggiato maggiormente le industrie che utilizzano questi metalli, con un effetto netto negativo sull’occupazione manifatturiera (Fonte: Federal Reserve Board).

Oggi, le proposte ventilate sembrano ancora più aggressive: si parla di un possibile dazio universale del 10% su tutte le importazioni e di tariffe superiori al 60% sui prodotti cinesi. Secondo un’analisi del Peterson Institute for International Economics (PIIE), uno scenario del genere potrebbe costare all’economia USA centinaia di miliardi di dollari e innescare ritorsioni commerciali su vasta scala, colpendo settori chiave come l’agricoltura, l’automotive e la tecnologia. L’incertezza legata ai dazi Trump, agisce come un freno a mano tirato per le decisioni di investimento delle aziende globali. Chi pianificherebbe un investimento multimilionario in una nuova linea di produzione se non sa quali saranno i costi delle materie prime importate o se i suoi prodotti saranno soggetti a tariffe punitive sui mercati esteri tra sei mesi? Questa paralisi decisionale si traduce in minore crescita economica e minore creazione di valore per gli azionisti. È una dinamica che, come investitori, dobbiamo monitorare attentamente, perché influenza direttamente la valutazione delle aziende e la performance dei nostri portafogli.

Navigare l’Incertezza: Strategie di Investimento nell’Era dei Potenziali Dazi Trump

Come sottolineava Enrico nel suo commento, a volte sui mercati aleggia un “certo ottimismo” nonostante le nubi all’orizzonte, forse per la tendenza a “scontare” la retorica elettorale o per la già citata “bizzarra volatilità decisionale” che potrebbe portare a misure meno drastiche di quelle annunciate. Tuttavia, affidarsi alla speranza non è una strategia.

Noi di EK Investing crediamo fermamente nell’importanza di un approccio basato sui dati e sull’analisi rigorosa. Il Metodo EK, che abbina l’analisi tecnica (lo studio dei grafici e dei pattern di prezzo) all’analisi temporale (l’individuazione di cicli e scadenze temporali significative), ci permette di identificare potenziali punti di inversione e tendenze di mercato con maggiore oggettività, indipendentemente dal flusso continuo di notizie e dichiarazioni politiche.

Di fronte alla minaccia dei dazi Trump, questo approccio diventa ancora più cruciale. Non possiamo prevedere con certezza quali politiche verranno implementate, ma possiamo analizzare come i mercati stanno reagendo ora e quali livelli tecnici o scadenze temporali potrebbero segnalare un cambiamento di sentiment. Ad esempio, potremmo osservare una debolezza relativa nei settori più esposti al commercio internazionale o notare pattern grafici che suggeriscono un aumento dell’avversione al rischio. Un dato interessante da considerare è la reazione dei mercati valutari: spesso, le tensioni commerciali si riflettono in un rafforzamento delle valute rifugio come il Dollaro USA (paradossalmente) o lo Yen Giapponese, a discapito delle valute dei paesi più dipendenti dalle esportazioni.

Monitorare questi movimenti può fornire indizi preziosi. La sfida per noi investitori non è indovinare il futuro politico, ma prepararci a diversi scenari, gestire il rischio in modo proattivo e saper cogliere le opportunità che inevitabilmente emergono anche nei periodi di maggiore incertezza. I dazi Trump sono un rischio concreto, ma con gli strumenti giusti e la disciplina necessaria, è possibile navigare anche queste acque turbolente..

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Eldi Karakaci, fondatore di EK Investing

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